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Videosorveglianza in condominio: le riprese sono valide nel processo penale

07/07/2016

Milano – Nel caso in cui un condomino venga colto dalla telecamera di condominio a commettere un reato, le immagini possono essere utilizzate contro di lui nel processo penale, anche se la videosorveglianza non è stata in precedenza autorizzata dal giudice. È quanto chiarito dalla Cassazione in una recente sentenza - Cass. sent. n. 25307/2016 del 17.06.2016 - trattandosi di un luogo di privata dimora.

Come è noto, il condominio non di rado diventa teatro di “dispetti” più o meno gravi tra proprietari. Tali atti, purtroppo, sfociano spesso in reati, in comportamenti che non solo costituiscono un illecito civile – fonte di risarcimento del danno – ma anche un reato passibile di sanzione. Molti gli esempi che possono essere ricordati: dal furto della corrispondenza o lettura non autorizzata delle lettere di altri, al danneggiamento dei beni del condominio o dei singoli proprietari, fino al vero e proprio stalking condominiale, inteso come il ripetersi di atti persecutori perseguibili con sanzioni più gravi rispetto a quelle previste per il singolo illecito.

La presenza di un sistema di videosorveglianza in condominio potrebbe fungere da dissuasore di tali comportamenti. Ma che valore avrebbero poi, sul piano processuale, tali riprese? Possono essere utilizzate come prove per incastrare il colpevole, benché si tratti di impianti la cui installazione, benché incida sui luoghi di privata dimora, come tali tutelati dalla privacy, non è stata previamente autorizzata dal giudice? Secondo la Corte non ci sono limiti all’utilizzo di tale documentazione fotografica: si tratterebbe infatti di “prove atipiche”, comunque utilizzabili nel processo penale.

Le riprese delle telecamere di sorveglianza del condominio costituiscono una valida prova contro chi compie un reato, benché si tratti di uno dei condomini dello stesso palazzo in cui è collocata la videocamera. In caso avvenga un reato, le immagini della videosorveglianza, non contenendo “atti comunicativi” (sono cioè filmati che non riprendono comunicazioni verbali o scritte, cenni di assenso o rifiuto, ma solo “mere condotte”, che non hanno nessun valore esprimente), non rientrano nella categoria delle intercettazioni.

Se effettuate in luoghi pubblici, aperti o esposti al pubblico, come è nel caso di un condominio, possono essere utilizzate quali “prove atipiche” che non richiedono di conseguenza di autorizzazione all’utilizzo da parte dell’autorità giudiziaria.

 


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